Resoconto della Conviviale del 21 febbraio 2023

Assente il Presidente Enrico Lupi, ha presieduto la conviviale, che si è svolta presso la Dispensa Emilia di Via Emilia Est, il Vice Presidente Marco Righi, che ha subito introdotto il relatore della serata, il nostro socio ed Assistente del Governatore per l’Area Ghirlandina Eugenio Boni.
In occasione dell’anniversario della fondazione del Rotary (Chicago 23 febbraio 1905), Eugenio ci ha parlato del nostro Club con un taglio completamente diverso dal solito, risultato estremamente interessante; la sua relazione merita senz’altro di essere riprodotta per intero.

IL ROTARY IN ITALIA NELLA PRIMA META’ DEL SECOLO SCORSO
I RAPPORTI CON IL FASCISMO E CON LA SANTA SEDE.


Aderendo alla richiesta del nostro Presidente Enrico Lupi di onorare l’anniversario del Rotary parlando di Rotary, ho voluto affrontare l’argomento parlando, una volta tanto, non di quello che fa il Rotary, dei suoi meravigliosi progetti in ogni parte del globo, ma della storia del nostro sodalizio, con particolare riferimento ai rapporti che il Rotary ebbe in Italia con il Regime fascista e con la Santa Sede: questo perché sono argomenti di cui difficilmente si sente parlare nelle nostre riunioni, in cui, giustamente, gli argomenti trattati sono molto più di frequente i risultati ottenuti, come ci si può migliorare o come si possono limitare le perdite.
Credo però che, a distanza di quasi 120 anni dalla sua nascita, si possa anche guardare al Rotary da un punto di vista storico, e provare ad analizzare quelli che per la nostra Organizzazione sono stati probabilmente i periodi più bui e più difficili, almeno in Italia.
E poi non vi nascondo che quelli di cui vi parlerò stasera sono argomenti che mi hanno sempre attratto e interessato, sin dal mio ingresso nel Rotary e spero vivamente di poter trasmettere anche a voi, in questi 15-20 minuti, lo stesso interesse.

Le notizie e i fatti di cui vi parlerò sono presi da una bibliografia non amplissima ma certamente sufficiente allo scopo, in parte rotariana e in parte esterna al Rotary.
Necessariamente dobbiamo partire dalla fondazione del Rotary: come tutti sapete il Rotary viene fondato a Chicago nel 1905; nel 1910 i Rotary Club sono 16, tutti negli USA; il primo club “estero” nascerà in Canada nel 1911, e nello stesso anno il Rotary approderà in Europa, a Dublino. Nel 1921 viene fondato il 1.000° Club in Gran Bretagna.
In Italia il primo Rotary Club nascerà solo dopo la Grande Guerra, nel 1923, con un certo ritardo rispetto al resto dell’Europa: causa principale di questo ritardo l’instabilità della nostra situazione politica: scioperi sindacali, lotte nelle piazze fra i partiti, moti rivoluzionari avevano convinto le autorità di Chicago a soprassedere alla apertura di Club nel nostro Paese.
Il 20 novembre 1923, presso l’esclusivo Ristorante Cova di Milano viene ufficialmente inaugurato il primo Rotary Club italiano; il luogo di nascita non è casuale: Milano infatti si stava candidando a capitale economica di Italia. Sin da subito il primo Rotary Club assume una connotazione che lo differenzia dai Rotary Club d’oltreoceano: tanto questi risultano ultra democratici, sempre aperti alla cooptazione di nuovi soci e alla fondazione di nuovi Club, quanto il RC di Milano assume una fisionomia aristocratica, elitaria, perché solo così, nelle intenzioni dei suoi fondatori, si sarebbe potuto svolgere, in un paese come l’Italia, un’opera efficace ed in linea con i principi ispiratori rotariani. Vedremo in realtà tra breve che questa motivazione era solo di facciata, in quanto la vera motivazione era un’altra.
Nel 1924 nasce a Trieste il secondo Rotary Club: anche in questo caso l’ubicazione geografica non fu casuale: Trieste infatti era non solo città di confine, ma era la finestra italiana sulla cultura mitteleuropea e sulle civiltà dell’est. Nel 1925 vengono fondati 11 Rotary Club, tutti nel Centro nord, con l’eccezione di quelli di Napoli e Palermo. Sempre in quell’anno viene costituito il Distretto unico di Italia, il 46° in seno al Rotary International, e con esso anche un Consiglio Nazionale dei Club italiani con funzioni consultive per il Distretto e per i Club, anomalia questa solo italiana, ma che servirà per marcare ulteriormente un certo distacco dai Rotary americani.
Il principio informatore nella cooptazione di nuovi soci è quello di mirare sempre al primo in assoluto in ogni attività economica e professionale: ritroviamo così nomi di altissimo prestigio fra i soci e i dirigenti dei vari Rotary Club in quegli anni: solo per citarne alcuni, Giovanni Agnelli (il più prestigioso rappresentante degli imprenditori privati) a Torino, Giuseppe Volpi (Ministro delle Finanze) a Venezia, gli industriali Piero ed Alberto Pirelli a Milano, Gaetano Marzotto (leader dell’industria laniera) a Vicenza; ma anche nomi di primissimo piano del mondo culturale e scientifico come Giovanni Treccani, fondatore dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana, a Roma e Guglielmo Marconi a Bologna; e poi esponenti dell’alta aristocrazia: il Re Vittorio Emanuele III in persona, socio onorario al RC di Roma, il Duca d’Aosta, il Duca degli Abruzzi, oltre a figure di spicco del primo fascismo come Arnaldo Mussolini, fratello del Duce.
Nonostante questa connotazione aristocratica ed elitaria, o forse proprio a causa di questo, sin da subito non mancarono segni di una certa diffidenza da parte del Regime fascista (siamo già entrati nel Ventennio) nei confronti del Rotary e, riallacciandomi alla diversa connotazione del nostro Rotary rispetto a quello americano a cui vi ho accennato, possiamo dire che le motivazioni di questo Rotary “all’italiana” fossero essenzialmente politiche: si cercava di evitare che le autorità fasciste accusassero il movimento rotariano di essere troppo legato ai paesi “demoplutocratici” in cui era nato. Comunque già nel 1925, a soli due anni dalla sua nascita, il Rotary è chiamato a dar conto della sua inclinazione internazionalista e pacifista, due elementi di sostanziale incompatibilità con il pensiero fascista, che proprio in quegli anni si mostrava incline ad un nazionalismo esasperato, ad una politica economica che rafforzava le difese doganali, e propugnava un’ideologia espansionistica ed interventistica. Agli occhi del Regime il Rotary appare come un’associazione di propaganda pacifista, al servizio più o meno diretto degli interessi americani.
Gli sforzi diplomatici messi in atto per coniugare universalismo rotariano e nazionalismo italiano non erano un’impresa semplice, anche in considerazione del fatto che, nel contempo ad esempio, i Rotary Club della Gran Bretagna erano attivamente impegnati nel progetto di costituzione della Società delle Nazioni, per promuovere la pace nel mondo.
Nonostante questi momenti di impasse, il Rotary italiano riesce a mantenere rapporti di convivenza con il Regime fino al 1928: a febbraio di quell’anno inizia però una campagna di stampa avversa al Rotary che viene accusato di aver mutuato dalla Massoneria fini ed obiettivi o addirittura di essersi identificato con essa. Anche se non è dato sapere per certo se questa campagna di stampa contraria al Rotary fosse stata promossa da Mussolini, certamente il Duce, da tempo non sospetto, aveva combattuto la Massoneria.
Il Rotary dovette così far fronte alla taccia di Massoneria che le era rimproverata dal Regime fascista, proprio mentre il fronte cattolico gli muoveva la stessa accusa, pur da un altro punto di vista (carattere universalistico, promozione di rapporti amichevoli tra uomini di diversa religione, indifferentismo religioso) come vedremo tra breve.
Furono anni difficili per il Rotary, che rischiò di soccombere sotto il tiro incrociato dei due schieramenti.
Durante la crisi dei rapporti col fascismo, un imminente decreto di scioglimento del Rotary preparato dalla Presidenza del Consiglio fu scongiurato dal Governatore del Distretto unico italiano, il Principe Ginori Conti, che riuscì ad ottenere dal Duce una rassicurazione personale e confortante: “Stia tranquillo, il Rotary non sarà toccato. La stampa avrà ordine di non occuparsene oltre”.
Tuttavia Ginori Conti sarà l’ultimo Governatore del Distretto unico ad essere eletto senza ingerenze politiche: nel 1929 il suo successore sarà nominato solo dopo preventiva autorizzazione del Duce e come lui i Governatori che seguiranno.
Negli anni successivi i rapporti continuarono a peggiorare: nel 1938 il Duce additò a tutti il nuovo nemico da combattere, la borghesia, e il Rotary, espressione indiscussa della borghesia italiana, cadde vittima di questa battaglia. Molti soci si riproponevano il problema della compatibilità tra la loro iscrizione al Partito Nazionale Fascista e la partecipazione al Rotary; i primi rotariani a cedere e a dare le dimissioni furono i più legati al Regime, i più impressionabili, quelli che meno si erano permeati dello spirito rotariano e meno credevano, in segreto, alla sua efficacia. Si sciolsero i RC di Trieste, Pisa e Mantova e altri, come quello di Bologna, persero numerosi soci. Il 14 novembre 1938 il Distretto unico italiano decretò lo scioglimento del Rotary in Italia, con decorrenza dal 31 dicembre di quello stesso anno. La scelta dell’autoscioglimento fu il solo atto di dignità che il Rotary potè compiere in quel momento a detta dei dirigenti Distrettuali, anche se questa tesi, a guerra finita, fu poi criticata in quanto si ritenne che il Rotary avrebbe potuto trarre maggior forza, vitalità e prestigio da uno scioglimento imposto piuttosto che da un autoscioglimento.
Il Rotary in Italia in quel momento, dopo 15 anni di vita, contava 34 club e 1.650 soci: aveva aperto le porte di casa di ciascuno di noi e una ventata di aria pulita era entrata; il Rotary ci aveva permesso di conoscere altri uomini che, come noi, vivevano e aspiravano ad un mondo migliore.
Il Rotary rinascerà in Italia al termine del conflitto mondiale: il primo Club a riaprire sarà Messina nel 1944, seguito via via da tutti gli altri: a partire da quell’anno la diffusione del Rotary in Italia conosce un momento di euforia, sia per quanto riguarda l’aumento dei soci che dei Club: in questo ambito si colloca la nascita del nostro Club, che vedrà la luce nel 1949.
A questo punto mi piacerebbe fare un passo indietro e focalizzare l’attenzione sui rapporti tra il Rotary e la Chiesa cattolica, rapporti che per circa un trentennio furono molto tesi, con momenti di fasi acute e di calma apparente, in cui però il fuoco covava sotto la cenere. Parlare oggi di contrasti tra questi due Enti, quando sul trono di Pietro siede Papa Francesco, che come Arcivescovo di Buenos Aires era socio onorario di quel Club, può suonare strano, ma in effetti vi furono momenti in cui l’ostilità della Chiesa cattolica per il Rotary avrebbe potuto avere gravissime conseguenze sullo sviluppo del nostro sodalizio in tutti i Paesi del mondo cattolico: oggi, in una società in cui la percentuale di cattolici rigidamente osservanti è intorno al 10% il problema farebbe forse sorridere: all’epoca invece il pericolo era reale.
Dunque il trentennio incriminato è quello che va dal 1928 al 1960 e in questo lasso di tempo due furono i momenti culminanti in cui la Chiesa si schierò apertamente contro il Rotary: il primo nel 1928/29 e il secondo nel 1951. Peraltro il delicatissimo argomento ha potuto essere chiarito definitivamente solo dopo che Papa Benedetto XVI ha aperto agli studiosi una parte dell’Archivio Segreto Vaticano, quello dagli anni 1922 al 1939, corrispondenti al pontificato di Pio XI.
L’ostilità della Chiesa nei confronti del Rotary nacque per l’identificazione del codice etico rotariano con i principi della massoneria; anzi in alcuni paesi come l’America Latina il Rotary fu addirittura considerato un’emanazione occulta della massoneria, i cui principi erano nettamente opposti a quelli della dottrina cattolica, tanto da averne provocato la scomunica fin dal 1751 da parte di Papa Benedetto XIV.
La prima fase di ostilità nasce nel febbraio 1928 quando i due organi di stampa vaticani, l’Osservatore Romano e Civiltà Cattolica, l’autorevole rivista dei Gesuiti, prendendo spunto dalla campagna di stampa avversa al Rotary orchestrata dal Regime fascista di cui abbiamo parlato poco fa, rincarano la dose, dando origine ad una forte ostilità delle alte gerarchie ecclesiastiche dell’America Latina e della cattolicissima Spagna nei confronti del Rotary e il cui risultato più tangibile fu la chiusura del Rotary di Madrid e la scomparsa del Rotary dalla Spagna.
A rincarare la dose, il 4 febbraio 1929 venne anche emanato un “non expedit” ossia un divieto per i sacerdoti di far parte di Club rotariani, fatto questo molto frequente nei Club americani.
Per la prima volta in forma ufficiale e a livello mondiale la Santa Sede manifestava la propria posizione negativa nei confronti del Rotary.
Grande fu la preoccupazione del Rotary International per le conseguenze che avrebbe potuto avere un atteggiamento così intransigente in tutti i Paesi del mondo cattolico; in questo momento un ruolo cruciale lo svolge il Rotary Italiano, non solo per la sua vicinanza con il Club di Roma alla Santa Sede, ma anche per il ruolo che ebbero due rotariani nella risoluzione del problema: Omero Ranelletti del Club di Roma, e Felice Seghezza, già Board Director del Rotary International: grazie alla loro mediazione il Presidente Internazionale Tom Sutton viene ricevuto a Roma dalle più alte Autorità del Vaticano: per dieci giorni, dal 13 al 22 febbraio 1929, le parti discussero in particolare del codice etico rotariano, che aveva dato adito al sospetto di massoneria e Sutton si dichiarò disposto a rivedere quei punti che si prestavano ad equivoche interpretazioni, nel corso della Convention di Dallas del giugno successivo. Questo bastò a calmare le acque e a far cessare la campagna denigratoria della Santa Sede nei confronti del Rotary: si trattava in realtà non di una vittoria, ma solo di un armistizio. Negli altri Paesi non tutte le Autorità ecclesiastiche si adeguarono all’atteggiamento conciliante della Santa Sede: non dobbiamo dimenticare che tutta la società cattolica viveva allora nella rigida e intransigente atmosfera del Concilio Vaticano I, le cui regole intervenivano non solo nella vita religiosa, ma anche in quella sociale e familiare.

In Italia la diffidenza verso il Rotary si riacutizza nel 1949 ad opera di una delle voci più importanti ed influenti della Chiesa, il Cardinale di Milano Ildefonso Shuster, che definì il Rotary “fra i nuovi pericoli per la Chiesa cattolica”. L’intensificarsi di sollecitazioni da più parti spinse Papa Pio XII ad incaricare l’allora Segretario di Stato Giovanni Montini a riaprire le indagini sul Rotary. Risultato di questo studio fu un drastico mutamento di rotta nella politica vaticana: l’11 gennaio 1951 il Sant’Uffizio emanava un nuovo decreto ancor più pericoloso di quello del 1929: se infatti il “non expedit” del 1929 si limitava a vietare la partecipazione al Rotary dei sacerdoti, il decreto del 1951 rivolgeva una categorica indicazione anche ai laici, diffidandoli dall’aderire al Rotary, stante l’affinità di questo con la massoneria.
Questa dura presa di posizione, cadde come un fulmine a ciel sereno nel mondo rotariano creando non poco sconcerto e imbarazzo. Fu ancora il rotariano Omero Ranelletti a prendere in mano la situazione e, forte dell’esperienza del 1929, si fece ricevere dal Direttore di Civiltà Cattolica a cui mostrò la documentazione di vent’anni prima: la sua perorazione ebbe un risultato insperato e dopo soli 10 giorni dalla condanna, “Osservatore Romano” uscì con un articolo che alleggeriva di molto la portata del Decreto del Sant’Uffizio nei confronti del Rotary. Purtroppo non sono ancora consultabili gli Archivi Vaticani relativi a quegli anni e quindi non ci è dato di sapere con esattezza come si svolsero i fatti: certo è che il potente appoggio dei Gesuiti contribuì indubbiamente a smorzare i toni del Decreto.
Va comunque osservato che al miglioramento del rapporto Rotary-Chiesa contribuirono sicuramente anche altri fattori e non ultimo il chiaro sostegno del Rotary ai valori della democrazia contro il marxismo in un momento storico in cui l’avanzata del comunismo nell’Europa orientale rappresentava per la Chiesa un pericolo dagli sviluppi imprevedibili: sarebbe stato assurdo ostacolare l’esistenza di un alleato potente come il Rotary.
Per alcuni anni la piena accettazione del Rotary da parte della Chiesa avviene con gradualità: per dare una data precisa alla fine di questa lunga e drammatica “querelle” si deve aspettare il 13 novembre 1957 quando l’ancora Arcivescovo di Milano Giovanni Montini, ospite del RC di Milano pronunciò parole che dimostravano la completa fine di ogni riserva della Chiesa nei confronti del Rotary: “Vi ringrazio signori Rotariani per questa manifestazione di omaggio e plauso che mi rivolgete. Debbo con lealtà dichiararvi che in passato io ebbi molte riserve sul Rotary, frutto di ignoranza e di errore…..”.
Certamente le dichiarazioni di colui che pochi anni dopo sarebbe diventato Papa Paolo VI e che come Segretario di Stato di Papa Pacelli (Pio XII) era stato uno dei più convinti avversari del nostro sodalizio, spazzarono via gli ultimi dubbi sulla serenità dei rapporti tra la Chiesa e il Rotary.
Possiamo concludere che, se prima della guerra del pensiero rotariano erano colti solo gli aspetti di ecumenismo, di morale laica, e di “religione naturale”, che alimentavano i sospetti di collusione con il mondo massonico, nel dopoguerra prevalgono invece i valori del servizio, del pacifismo, dell’impegno sociale, della comprensione e della solidarietà, principi tutti che ritroviamo anche nel cattolicesimo.
Amici io ho concluso, mi scuso con voi se vi ho parlato di Rotary in modo un po’ atipico, ma credo che anche questo possa essere un modo efficace per celebrare l’anniversario del nostro sodalizio in maniera adeguata.
Grazie.
Al termine Marco Righi ci ha ricordato i prossimi impegni rotariani: martedì prossimo da Vinicio incontreremo alcune startup, oggetto del nostro service il “Rotary Modena Startup Networking”. Poi ci saranno due eventi distrettuali: sabato 4 marzo a Bologna il SIPE, Seminario di Istruzione Presidenti Eletti 23/24 e domenica 5 marzo, sempre nell’ambito dell’organizzazione del SIPE, la vista al Museo Ferrari ed allo stabilimento di Maranello. In entrambi gli eventi sarà presente la Presidente Internazionale 2024/2025 Stephanie A. Urchick.
Eugenio Boni ci ha poi ricordato che il prossimo 2 aprile, domenica, a Fiorano Modenese, presso la palestra del Fiorano Calcio, ci sarà un’ulteriore incontro a livello di Distretto 2072 per il confezionamento di pasti da distribuire ai bambini dello Zimbawe.

Un caro saluto
Claudio Colombi

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